L'ASAP è un'associazione guidata da Norman Hail che offre alle famiglie con figli ribelli la possibilità di metterli in riga. I genitori firmano infatti un'autorizzazione al prelievo dei loro figli adolescenti i quali vengono reclusi in un campo in un'isola delle Fiji. Qui i metodi sono decisamente duri e non è detto che gli esiti siano garantiti.
È un film forse volutamente ambiguo quello diretto da Christian Duguay. Perché inizialmente si rischia, nonostante tutto, per comprendere le difficoltà dei genitori e il loro bisogno di risolvere situazioni border line che minano dalle fondamenta la famiglia. Se lo Stato non è in grado di intervenire forse la linea dura può porre un rimedio. Siamo costretti però fin da subito a misurarci con quella che non è solo un'ipotesi perché questo genere di campi esiste davvero. La gerarchia è rigida, le prove da superare dure, le umiliazioni che debbono portare ad autodafé pubblici altrettanto. Il film segue le vicende di alcuni dei ragazzi, ne sottolinea una legata relazione sentimentale e corre poi verso un finale abbastanza prevedibile. Grazie ad Arestrupo riesce a delineare a figura di un guru che, come tutti i manipolatori efficaci, individua esigenze reali e riesce ad analizzarle lucidamente salvo poi piegarle ai propri non disinteressati fini. È qui, più che nei personaggi minori come il bieco braccio destro pronto ad approfittarsi esplicitamente della propria posizione di potere, che sta l'interesse del film. Il falso concetto di corresponsabilità diviene un'arma letale nelle mani di chi detiene il potere. Se uno trasgredisce tutti vengono puniti. A qualcuno è forse successo da bambino senza bisogno di andare come recluso alle Fiji. Un compagno si comportava male e tutti saltavano l'intervallo. La sensazione dell'ingiustizia subita può talvolta riaffiorare nei ricordi da adulti. Nel Boot Camp però le punizioni non riguardano gli intervalli.